LE MOTIVAZIONI CHE SONO ALLA BASE DELLA DELIBERA DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEL 15/01/2009 riguardo ai visti di congruità delle notule rilasciate dai professionisti medici e richiesti all’Ordine, nel caso di contenzioso.

 

Per chiarire queste motivazioni è indispensabile fare alcuni riferimenti alle normative ed alle leggi vigenti, anche se dal punto di vista oggettivo, esse non definiscono completamente la questione.

L’art n 54 del Codice Deontologico così recita :

“Nell’esercizio professionale, fermo restando il principio dell’intesa diretta tra medico e cittadino e nel rispetto del decoro professionale, l’onorario deve essere commisurato alla difficoltà, alla complessità e alla qualità della prestazione, tenendo conto delle competenze e dei mezzi impiegati. Il medico è tenuto a far conoscere il suo onorario preventivamente al cittadino. La corresponsione dei compensi per le prestazioni professionali non deve essere subordinata ai risultati delle prestazioni medesime. Il medico può, in particolari circostanze, prestare la sua opera gratuitamente purché tale comportamento non costituisca concorrenza sleale o illecito accaparramento di clientela”.

La nuova norma contenuta in questo articolo ribadisce, innanzi tutto il principio dell’intesa diretta tra medico e cittadino, in sintonia con l’art.2233 del C.C  ed in linea anche al disposto della legge n 248/2006.

Inoltre si deve tenere presente che, in base alla nuova legge di liberalizzazione delle professioni, non esiste più l’obbligo del rispetto della tariffa minima, scomparendo così la norma che prevedeva la possibilità per ciascun Ordine provinciale di fissare in modo autonomo la tariffa massima.

La legge 248 del 2006 afferma, inoltre, l’autonomia negoziale del professionista in merito alle tariffe, permettendo di fatto di stipulare abbonamenti per prestazioni ed ammette anche onorari differenziati in relazione ai risultati ottenuti, cosi come ammette compensi forfettari.

Questa nuova legge, ponendo oggettivamente limiti al potere disciplinare dell Ordine nella specifica  materia, crea notevole imbarazzo alle Commissioni quando esse debbano fornire pareri di congruità su notule in corso di contenzioso fra medico e paziente.

In mancanza, quindi, di riferimenti oggettivi in merito alle tariffe, nasce l’ esigenza della dimostrazione dell’esistenza di un accordo preventivo sul costo della prestazione, cosi come viene richiesto il consenso informato per qualsiasi prestazione sanitaria.

Da quanto esposto si evince che, anche dopo le liberalizzazioni introdotte dalla recente legge, l’onorario professionale rimane un aspetto rilevante dal punto di vista deontologico, e che, di fatto, la tariffa in qualche misura deve essere valutata; per cui, questo Ordine, nel caso di mancanza di un documentato accordo preventivo, ritiene che l’unico riferimento attendibile sia la linea seguita dalla Magistratura, nei casi di lite.

La legge 248/6 stabilisce, infatti, che, in caso di lite, il Giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali sulla base delle tariffe professionali  assimilabili alle tariffe aziendali per le prestazioni di attività libero professionale intramuraria, applicata dalle Aziende Sanitarie, per i medici dipendenti .

Si precisa inoltre che, sempre in caso di mancato accordo preventivo documentato, a più forte ragione, quanto detto sopra vale per l’attività medico legale, per la quale l’unico riferimento è rappresentato dal tariffario adottato dal Tribunale per gli onorari dei  C.T.U.

Un caso particolare è costituito dagli odontoiatri : per l’0dontoiatria rimane infatti valida la tariffa stabilita dal DPR 17 febbraio 1992 (Gu n 128,SO, del 2 giugno1992), pur essendo essa, in pratica, priva quasi di qualsiasi utilità pratica, dato il suo mancato adeguamento da circa 17 anni. Quindi nel caso degli odontoiatri, come per gli altri professionisti, potranno essere di riferimento le tariffe utilizzate dalle Aziende e nel caso di prestazioni, non incluse, è augurabile che siano di guida il buon senso e la loro sostenibilità nel caso del ricorso alla Magistratura.