Ci sembra giusto informare i colleghi delle modifiche (alcune molto dure anche se inevitabili) dei parametri che riguardano le nostre future pensioni e che sono ormai in dirittura d’arrivo, destinate ad incidere non poco sul nostro futuro pensionistico. Gli aggiustamenti proposti si sono dovuti misurare con il decreto legge del Governo, già convertito, che ha richiesto, per tutte le casse previdenziali private, misure atte a garantire l’equilibrio tra entrate contributive e spese per prestazioni pensionistiche, secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di 50 anni e non più di 30.
La necessità di modificare qualcosa per evitare di “andare in rosso” ha origini lontane. ENPAM, come molti enti, ha agito come se la pacchia non dovesse mai smettere erogando pensioni i cui rendimenti,non erano in relazione rigorosa con i soldi versati e con l’andamento dell’aspettativa di vita. Tutto ciò non poteva durare oltre, i cambiamenti, magari fossero stati iniziati prima, erano necessari.
Con l’ausilio di esperti cattedratici attuari la dirigenza ENPAM ha preparato dei correttivi per tutti e 5 i fondi che ne fanno parte per evitare che uno, o peggio, alcuni di essi andassero in default e potessero quindi essere di peso per gli altri (ricordiamo che la “riserva” è comune).
I correttivi sono diversi da fondo a fondo, in considerazione del diverso stato di salute che li contraddistingue, e strutturati in modo tale da non permettere al saldo corrente di andare in negativo anche per gli anni della “bolla pensionistica” prevista tra il 2018 e il 2048 (negli anni 60-80 l’accesso alla facoltà di medicina era libero e moltissimi sono gli iscritti e i laureati di quegli anni).
C’è dunque la necessità di ben operare, sia per garantire le pensioni alle generazioni future, sia perché il Governo si è riservato di vagliare la proposta e, se ritenuta inadeguata, di passare ad un sistema contributivo pro rata tipo INPS, minacciando addirittura di tassare i pensionati nel 2012 e 2013 con un contributo di solidarietà dell’1%.
La legge inoltre non consente fin ad ora, nonostante le richieste dell’ENPAM, di utilizzare il patrimonio che assomma a circa 12 miliardi, ma consente unicamente l’uso degli interessi ricavati al fine di pagare le pensioni future e questo vincolo aumenta l’importo delle “gabelle” da pagare.
Di seguito riportiamo, in modo estremamente sintetico, data la grande articolazione su cui si muove la manovra, le più importanti modifiche riguardanti il fondo quota B, quello che più ci interessa come liberi professionisti, perché i colleghi possano valutare gli eventuali maggiori esborsi futuri e/o i minori importi pensionistici che riceveranno.
L’età pensionabile viene alzata oltre i 65 anni a partire dal 2013, di 6 mesi per ogni anno (chi quindi compie 65 anni nel 2014, ad esempio, andrà in pensione a 66 anni) fino al raggiungimento di un’età minima di 68 anni a partire dal 2018.
Sono previste riduzioni tramite coefficienti da stabilire per chi andrà in pensione di anzianità (prima non contemplata) prima del tempo, anzianità che richiederà comunque un minimo di 62 anni di contribuzione.
Parimenti sono previsti premi di aumento (circa 20%) per chi a partire dal 1° gennaio 2013 resterà in attività pur avendo maturato il diritto alla pensione.
L’aliquota contributiva, e cioè la percentuale sui nostri redditi che paghiamo all’ENPAM, attualmente il 12,5%, verrà innalzata a partire dal 2015 di un punto percentuale fino al 2021, raggiungendo, a partire da quella data, il 19,5%.
La suddetta aliquota poi sarà calcolata su un tetto di reddito che salirà dagli attuali circa 63.000 euro a circa 93.000 euro gradualmente negli anni dal 2013 al 2015, con indicizzazione al costo della vita. Il rendimento di quanto versato nelle casse dell’ENPAM da tutti noi, sarà al posto dell’attuale 1,75% (ovvero ogni mille euro versati oggi determinano una pensione annua di 140 euro il che significa che con circa dieci anni di pensione ci riprendiamo tutti i soldi versati e che siamo a carico dell’ente per gli anni di vita rimanenti) scenderà a partire dal prossimo anno all’1,25%.
Questo comporterà così un diminuzione sensibile di quanto ci verrà corrisposto (in futuro, ogni mille euro versati renderanno 64 euro all’anno di pensione). Le valorizzazioni conseguite fino alle variazioni, varranno anche per il futuro :ad esempio la parte di soldi versati fin ad oggi con una certa valorizzazione ai fini pensione renderà quanto promesso anche in futuro, le cifre che verseremo adegueranno da quel momento il loro valore a quanto previsto.
E’ previsto per i giovani fino a cinquanta anni la rivalutazione dei contributi versati al 100% dell’inflazione (per gli altri la rivalutazione è al 75%).
I dirigenti dell’ENPAM peraltro, in difesa dei propri iscritti liberi professionisti, si impegneranno al raggiungimento dei seguenti “target”:
1) verificare la possibile adozione di una norma di legge che preveda un contributointegrativo in fattura a carico del paziente, alla stregua di quanto avviene peringegneri, avvocati etc.;
2) portare più in alto, 5 o 10%, l’aliquota ridotta che versano attualmente al fondo quota B i medici iscritti ad altro fondo previdenziale obbligatorio (ospedalieri, convenzionati) essendo l’attuale 2% troppo basso e non in grado di apportare quegli introiti che potrebbero migliorare la situazione. E’ bene ricordare infatti che finché gestiremo l’ENPAM in prima persona potremo continuare a correggere le cose a nostro favore e verificare le effettive condizioni di esercizio.
Resta infine da dire che le modifiche suddette devono essere accettate dal Ministro Fornero, ma la condivisione dei correttivi ed i calcoli di sostenibilità inducono a ritenere che il piano sarà approvato.

 Paolo Ginanni