In vista della riunione del Collegio dei Sanitari, richiesta da un numero qualificato di Componenti, per trattare le problematiche inerenti le emissioni dell’inceneritore di Montale e la contaminazione da diossina di alimenti nella sua area di ricaduta, che è stata fissata dalla Presidente per il 13 gennaio 2010, si trasmettono in allegato le diapositive predisposte per illustrare la problematica:

– La presentazione inizia col richiamo al nostro mandato istituzionale come strutture del Servizio Sanitario Nazionale, che ci impone: “la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro …la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro…l’igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell’uomo”, in particolare tra le attività di prevenzione è prevista “la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l’adozione delle misure idonee a prevenirne l’insorgenza”;

questa definizione lascia ampie possibilità di azione, purché le si vogliano fare, e non limitate solo ai <monitoraggi> ambientali o epidemiologici. La prevenzione primaria si può fare con l’applicazione <decisa ed intelligente> delle vecchie normative sanitarie, cosa non agevole in quanto le più recenti normative <ambientali> permettono che si possa inquinare anche con sostanze estremamente pericolose per la salute; a questo va aggiunto che le stesse normative non tengono conto in modo adeguato dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche, ed inoltre possono esistere lesioni di legittimi interessi o anche condizionamenti da parte del potere politico che ne contrastano l’applicazione.

– Si passa quindi ad illustrare quanto accaduto tra il maggio ed il luglio 2007, dove dall’inceneritore fuoriuscirono quantità di diossina ben oltre i limiti normativi, al quale fece seguito una assai anomala ordinanza dell’allora sindaco di Montale, l’istituzione di due strutture “ad hoc”, un <tavolo istituzionale> (che in un primo tempo comprendeva anche l’inquinatore) ed un <tavolo tecnico>, per rispondere alle proteste di associazioni, comitati e cittadini, ma anche per permettere la riapertura dell’inceneritore, che era stato chiuso.

– Si va poi a dettagliare quanto predisposto dal <tavolo tecnico> come monitoraggio ambientale e sanitario, a partire dalla realizzazione della modellistica validata che ha definito l’area di maggiore ricaduta degli inquinanti emessi dall’inceneritore e che fornisce la mappa dell’inquinamento, e quindi i prelievi sui terreni, sulle matrici biologiche, sull’acqua, compreso l’acqua potabile, e l’avvio di una indagine epidemiologica.

– La parola passa poi al clinico (ringrazio il Collega oncologo Ruggero Ridolfi dell’AIOM) di cui riprendo una presentazione su alcuni dati recenti nel campo dell’immunità antitumorale connessi, al recettore AHR, che evidenzia l’ulteriore importanza sanitaria della diossina, già conosciuta come cancerogeno di primaria importanza.

– Queste ricerche sono ignorate dalle normative, che pure hanno recepito, almeno come principio, la necessità di ridurre le diossine, anche sulla scorta della revisione della sua tossicità fatta dall’OMS nel 1998.

– Si illustrano le caratteristiche delle diossine, di cui gli inceneritori sono una fonte preponderante, e dei PCB, richiamando anche il loro metodi di misura, e fornendo inoltre, tradotti in dosi tossiche, i dati tutt’altro che trascurabili, relativi all’attuale ed al pregresso inquinamento causato dall’inceneritore di Montale.

– Si passa quindi ad illustrare i risultati del monitoraggio ambientale effettuato dall’ARPAT illustrandone le criticità, e riportando il loro primo giudizio “assolutamente” assolutorio nei confronti dell’impianto, peraltro contraddetto e smentito più recentemente, in questo passaggio si chiarisce anche il fatto che il mandato istituzionale di ARPAT non coincide con quello del SSN, in quanto è molto più vago e direttamente soggetto agli indirizzi degli amministratori regionali.

– Si forniscono quindi i risultati del monitoraggio sanitario che hanno dimostrato, come relazionato anche dall’IZPS, che esiste una contaminazione da diossina “pressoché totale” negli alimenti provenienti dall’area di maggiore ricaduta, fatto questo confermato anche da una seconda campagna di rilevazione che ha interessato animali più giovani e quindi senz’altro commestibili.

– Si evidenzia come, a fronte di questi dati, il Servizio Veterinario non abbia proposto alle Autorità sanitarie locali dell’area interessata (parti dei comuni di Agliana, Montale, Pistoia e Quarrata) alcun provvedimento di divieto di produzione, utilizzo e commercializzazione di alimenti, andando contro il dettato normativo, gli orientamenti ministeriali, le direttive tecniche, ed anche quanto fatto in precedenti situazioni analoghe.

– Questo fatto comporta che, anche per l’operato dell’ASL 3, una parte del territorio toscano viene posto in una situazione di assoluta anomalia rispetto al resto dell’Italia (e dell’Europa Comunitaria).

– La presentazione si conclude quindi con la raccomandazione di procedere, da parte dell’Azienda USL, ad una valutazione interdisciplinare sulla necessità di tutelare la salute delle persone relativamente al consumo di alimenti contaminati da diossine, furani e PCB provenienti dall’area di maggiore ricaduta delle emissioni dell’inceneritore.

– Inoltre si avanza la richiesta che tale valutazione coinvolga quantomeno, oltre alla professionalità medico veterinaria, anche quella medica di sanità pubblica e quella medica di igiene degli alimenti e nutrizione e che tale valutazione sia adeguatamente motivata per quanto attiene i suoi contenuti nei versanti tecnici e normativi.

CLICCANDO SU https://www.omceopistoia.it/Docs/csdef1.ppt

è possibile scaricare le slides che son state presentate in sede di riunine